martedì 19 aprile 2011

Adotta un alveare - Bollettino del 18 aprile

Buongiorno a tutti.
Eccomi, con un po’ di ritardo sui tempi promessi, è vero, ma in cambio ho da raccontare un sacco di cose.
Prima di tutto gli avvenimenti: alla visita di quattro giorni fa è risultato un alveare orfano: capita, anche le regine sono mortali. Che fare? Due le possibilità: la prima, la più prudente, sarebbe stata quella di suddividere fra le altre famiglie i telaini di covata per rinforzare le deboli e pareggiare l’apiario. La seconda, un poco più audace, quella di farsi spedire un’altra regina da Palermo e di reinserirla nella famiglia orfana, confidando nella capacità di ripresa delle api e nelle benevolenza di Giove Pluvio. Quale abbiamo scelto?
La seconda, naturalmente, anzi, già che c’ero, mi sono fatto spedire due regine: il giorno successivo alla richiesta, via posta, sono arrivate, e una l’ho inserita nell’orfano, mentre con l’altra, rubando un telaio di covata da due alveari che parevano i più forti, ho costituito un nucleo, piccolo, è vero, ma conto sul tifo che farete a casa perchè il nuovo arrivato cresca veloce.
In ogni caso: stamani ho rifatto la visita a tutto l’apiario.
Situazione: abbiamo sei casette belle forti, che producono e ingrandiscono a vista d’occhio; una con la regina appena messa, che aprirò non prima di una settimana, perché non bisogna disturbare l’accettazione dell’estranea: ha un altro odore, le operaie devono superare lo shock dell’essere state senza riferimento, dell’organizzarsi da sole (avrebbero creato un’altra regina, se ci fosse stata covata giovane, di non più di tre giorni, ma non sarebbe stata la stessa cosa, perché l’uovo era deposto in una cella esagonale e non tonda, come spetta alle sovrane, oppure, in mancanza di ciò, una delle operaie si sarebbe assunta l’onere, e non certo l’onore, di farsi ricrescere le ovaie, che per altro sarebbero rimaste un po’ atrofiche, ma, soprattutto, non sarebbe stata fecondata, e quindi le uova deposte sarebbero state sterili, generando solo maschi, e la poveretta sarebbe stata definita “fucaiola”, nell’ultimo disperato tentativo di tenere in piedi una famiglia comunque destinata alla scomparsa).
Riprendo: sei belle forti, una da vedere, le altre tre sono comunque cresciute, rispetto all’inizio, ma (ricordate?) essendo partite con poca covata – una addirittura era su un telaio o poco più- sono decisamente indietro.
Allora succederà probabilmente questo: nella prossima visita, se la situazione sarà confermata, indebolirò le forti per rafforzare le deboli, così da arrivare alla raccolta con famiglie mediamente forti, che sarebbe il massimo.



E qui arriviamo all’altro aspetto: il tempo.
Avete certamente notato che la scorsa settimana c’è stato un gran caldo, prima dell’abbassamento della temperatura: questo ha fatto sì che le fioriture presenti siano state imponenti ma brevi, nel tempo; così le api hanno viaggiato come treni avanti ed indietro, la regina ha avuto l’impulso di deporre a ritmi più alti, le ceraiole si sono messe in catena a costruire…e poi botta di freddo, con relativa scomparsa delle fonti di nettare.
Però: adesso stanno raccogliendo polline, dalle infiorescenze di carpini, querce, salici, anche dai noci; vanno, pur se poco decise, a bottinare sui frassini, sui rosmarini e sui pochi fiori di campo, e noi, trepidanti, somministriamo un po’ di nutrimento cercando di seguire l’andamento delle fioriture, sperando che la robinia ritardi ancora un po’ – ad Acqui si cominciano a vedere i fiori…-
e che ci dia il tempo di arrivare belli pronti all’appuntamento.
Tuttavia bisogna vedere cosa faranno i frassini: un anno c’è stata una contingenza molto particolare, perché le famiglie erano già, in questi giorni, forti abbastanza da pensare di fare già nuclei nuovi, quando vi fu una fioritura di frassini che personalmente non avevo mai visto.
La valle era bianca, e soprattutto nell’aria c’era un profumo che davvero stordiva, tanto era dolce; il tempo stranamente mite, non caldo da far esplodere i fiori tutti insieme e non troppo freddo, così da prolungare la fioritura; gli uccelli, soprattutto le ghiandaie, frullavano nella loro stagione degli amori e le api ci potevi camminare nei corridoi di volo perché tanto erano totalmente assorbite da seguire le scie che non ti badavano.
Così misi qualche melario, non sapendo bene cosa stessi facendo: fui premiato, perché in pochi giorni riempii un po’ di telaini di un miele che tende a cristallizzare con una velocità incredibile, ma che è stato il migliore che io abbia mai assaggiato.
Questa situazione non si è mai più ripresentata, dico cioè la concomitanza di una fioritura di frassino eccezionale con la contemporanea situazione ottimale delle famiglie: perché in fondo credo che l’abilità dell’apicoltore, o almeno quella che io devo, per me stesso, sviluppare, sia non tanto il costringere le api a fare, o il pompare le loro capacità, quanto il creare delle situazioni perché le cose possano accadere, annusare quel che può o quel che sta succedendo, proporre alle api una via possibile, sperando che la accettino, favorire il fatto che aspetti diversi –la crescita della famiglia, le fioriture, la temperatura, l’indole stessa della regina- possano confluire in un certo tempo e luogo. 
Altrimenti l’allevamento diventa sfruttamento.
Bene, vi ho annoiato a sufficienza, per oggi.
Ci diamo appuntamento verso Pasqua, giorno in cui avrò certamente ficcato il naso negli alveari per vedere se le nuove regine sono state accettate e per portare scompiglio, sperando di far crescere il benessere nelle famiglie, con il pareggiamento.
Ah, le sicule non mi hanno ancora adottato: sono sempre pugnaci…
Adriano.

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