lunedì 17 settembre 2012

Adotta un alveare - 15 settembre 2012


Buona sera.
   Questo anno apistico allunga i suoi tempi, spostando di un paio di settimane tutte le abituali scadenze.   Così domani ritirerò gli ultimi melari della stagione: le api han raccolto melata di quercia, ben oltre la data che di solito dedicano all’ultimo, più scuro raccolto.
   Non so se vi ho mai parlato della melata, ma è un miele particolare: normalmente il nettare viene raccolto dai fiori e trasformato, con un processo che abbiamo già descritto, dalle api in miele.
   La melata, tuttavia, non viene raccolta dai fiori, anche perché in questa stagione, nelle nostre zone, non ci sono fiori nettariferi.
   Succede questo: in stagioni particolari, differenti a seconda della regione, si sviluppano, sui rametti nuovi degli alberi, rametti che rappresentano la crescita dell’albero, teneri e ricchi di linfa, si sviluppano, dicevo, colonie di afidi, che sono simpatici ed innocui animaletti (innocui a meno che non diventino infestanti, ma questo è un altro discorso) che si nutrono appunto della linfa che succhiano, tramite una proboscide, dai teneri virgulti.


   Le formiche conoscono bene questa procedura, tant’è che “allevano” gli afidi, li tengono cioè in gruppo, li circondano, arrivano perfino a difenderli dalle coccinelle, ad esempio, e tutto per poter poi “mungerli”, cioè prelevare stille di linfa che gli afidi, stimolati ((fanno loro il solletico), rilasciano dalla pelle. 
   Naturalmente le api, curiose e piene di esploratrici come sono, non possono lasciarsi sfuggire questo ben di dio, e infatti ne approfittano.   Nella nostra zona ci sono due piante che ospitano afidi in misura sufficiente a stimolare la raccolta: il tiglio e la quercia, ma è quest’ultima che produce massimamente linfa in tarda estate: i vecchi del posto chiamavano infatti miele di quercia l’ultima raccolta.
   Il passaggio diretto dal fiore all’ape che contraddistingue il miele, nella melate è sostituito da un doppio passaggio: dalla pianta all’animale, dall’animale all’ape.
   La melata ha una inferiore concentrazione di zuccheri, rispetto al miele, e al tempo stesso una maggior concentrazione di Sali minerali, aminoacidi e oligoelementi; per tali motivi è indicata per sostenere il sistema nervoso: regola il tono neurologico e la capacità di lavoro intellettuale; inoltre calma la tosse, allenta l’asma ed è leggermente diuretica.
   La melata è ottima, grazie alla ricchezza di Sali minerali, anche in sostituzione dei soliti integratori, per chi fa sport o esercizio fisico.



A seconda degli alberi su cui viene raccolta, quindi, la melata assume colori che vanno dal rosso al marrone al verde bottiglia al testa di moro; la nostra è rosso-marrone scuro, densa e profumata.
   La più pregiata è quella di conifere, prodotta in montagna e che è di un bel colore verde scuro; la meno pregiata è quella di pianura, data soprattutto dal bottinare sulle farfalline di metcalfa, infestante delle monocolture e degli alberi di pianura vicino ai fiumi o comunque di zone umide, che vedete nella foto qui a fianco, e che dà una melata dolciastra e di scarso gusto.




      Torniamo a noi.  Fedele a rispecchiare i ritmi della natura, che quest’anno è in ritardo, sono in ritardo anche io: complice un periodo di problemi di salute sono stato fermo un paio di settimane, e quindi mi accingo solo ora a invasettare e a distribuire.   Chiedo venia.
   Però: come già dissi, mi pare, la produzione quest’anno è stata: acacia, millefiori molto chiaro, millefiori scuro, melata.
   La proporzione in cui distribuirò il miele sarà quindi di un chilo di acacia ogni sei, perché è questa la proporzione in cui quest’anno hanno prodotto le piccole.
   In un cartone da sei metterò quindi un chilo di acacia, tre di millefiori chiaro, uno di millefiori scuro e uno di melata.
   Se qualcuno desiderasse cambiare la proporzione dei millefiori, o avere altra composizione di nettari, per favore lo dica subito, così posso provvedere.

   Il gruppo GAS valbormida, che ha aderito all’iniziativa per un totale di 58 kg, riceverà quindi 10 kg di acacia, 10 di melata, trenta di millefiori chiaro e 8 di millefiori scuro.
   Contatterò poi personalmente gli altri aderenti, specie quelli che abitano lontano, per metterci d’accordo per la spedizione o la consegna.
   Per ora è tutto.

Adriano.

giovedì 23 agosto 2012

MERENDA SINOIRA DEL 26 AGOSTO

Buongiorno a tutti!!!

I membri del GAS VALBORMIDA hanno organizzato per Domenica 26 agosto una merenda sinoira il cui scopo è incontrarsi e... incontrare nuove persone interessate alle attività del gruppo d'acquisto. Inoltre, coglieremo l'occasione per discutere delle attività del GAS per i prossimi mesi e delle eventuali iniziative alle quali vorremmo partecipare tutti insieme.
Ci troveremo nell'area pic-nic di Altare (Loc. Lipiani), anche in caso di brutto tempo.
Chi lo desidera può contribuire portando qualcosa da mangiare e/o da bere, musica, giochi... Non dimenticate che per rendere la merenda quanto più eco-sostenibile possibile, consigliamo a ciascuno di portare con sé piattino e posate, così da evitare l'uso delle antipatiche stoviglie usa e getta!!!
Vi aspettiamo!!!

Adotta un alveare - Bollettino n.12


22 agosto 2012.

Buongiorno.
Rileggendo l’ultimo bollettino scritto, riconosco di essermi sbagliato: l’attività, in questo agosto africano, non è per nulla diminuita, anzi. Le nostre han cominciato, pochi giorni dopo che vi ho scritto, di nuovo a bottinare: al mattino c’era un concerto, sopra le nostre teste, di operaie che andavano al lavoro presto presto; iniziavano al sorgere del sole, e fino a che non arrivava la calura insopportabile, cioè fin verso le dieci, era tutto un andare e venire frenetico, tanto che ricordava la primavera. Poi, di nuovo verso le cinque, ricominciavano, per arrivare fino al tramonto: salivo a vedere, e, con il gran caldo, erano tutte appese fuori, a prendere il fresco; tutte le casette avevano ‘la barba’: le api ventilavano, creavano corrente con le ali a fare ricambio forzato all’interno della casetta.
C’era qualche campo di medica in fiore, giù in valle, e solidago nei boschi, e canapa acquatica, cicoria, e fiori di campo di vario genere, ma il sospetto, con questo umido, era che stessero importando melata. E infatti.
Oggi si è interrotto il caldo africano: addirittura è venuta giù un po’ di pioggia, si è visto un tenue arcobaleno, ed è uscito di nuovo il sole; ma stamani, che sono andato a visitarle tutte, si capiva che il flusso era finito: aprendo e ficcando il naso nei melari, ho trovato un bel millefiori scuro, e, in alcune famiglie, melata. Ora lasciamo che lo asciughino ben bene e poi, a fine settimana, metteremo gli apiscampo e tireremo un po’ di melari, quelli opercolati.
Insomma, quest’anno l’attività si è prolungata più del solito: io che pensavo di aver già finito, mi ritrovo a ricominciare da capo, ma bene così.
Sicchè, ricapitolando, quest’anno avremo, anzi, avrete: un poco di acacia, molto millefiori chiaro, millefiori scuro e melata, se riuscirò a separare questi ultimi due, altrimenti, come lo scorso anno, ci sarà un millefiori contenente melata; come al solito, avrete il miele dei vari tipi a seconda della proporzione in cui hanno prodotto.
Il mio fornitore di barattoli è in ferie, beato lui, e per di più ha deciso di prolungarle fino al 3 settembre; la prima settimana andrò a recuperare quindi i vetri, imbarattolerò e inizierò la distribuzione: insomma, entro la metà del mese dovreste avere il sospirato (spero) nettare.

Buona fine di agosto a tutti.
Adriano.

giovedì 2 agosto 2012


Adotta un alveare: bollettino n. 11.
3 agosto 2012.

Buongiorno, eccoci qui, a confermare la frequenza, davvero assidua!, di diffusione di queste righe.

Abbiamo smielato, e, come previsto, abbiamo un ottimo millefiori; la maggior parte dei telaini erano arcobaleno: acacia, tanta davvero, contornata da ricami di tiglio, di un bel color rosato, castagno, giallo scuro e altre varietà. Ho isolato un po’ di telaini, quelli che si presentavano omogenei, e un poco di acacia c’è, invero, ma la più parte è confluita nel millefiori.
Ora, ben chiuso nei maturatori, il miele riposerà per almeno tre settimane, verrà schiumato e mescolato in giorni di fiori e infine, verso la fine del mese di agosto, imbarattolato e consegnato.

A proposito dei millefiori così chiari che paiono acacia, vi racconto un episodio.
Anni fa, e per parecchio tempo, ogni anno partecipavamo ad un concorso di mieli dei Parchi Liguri, e ogni anno, dopo selezioni e analisi, c’erano le premiazioni. Per la cronaca, abbiamo sempre passato le selezioni, per l’umidità, la purezza, la non contaminazione, e via dicendo; sempre ottenuto riconoscimenti e spesso anche il massimo concesso: le “tre api”, che poi sui diplomi, massima onta, per svista del tipografo, erano in realtà tre vespe…
Consegnando i campioni di miele, l’apicoltore dichiarava se fosse acacia, millefiori, melata.
Sul mercato, si sa, l’acacia è ritenuta un miele di maggior pregio.
Un anno, siccome io smielo tutto da solo, e mi guardo telaino per telaino, avevo presentato un campione di acacia, uno di millefiori chiarissimo, uno di millefiori scuro. Il secondo era davvero chiaro, ma durante le operazioni di smielatura i telaini aperti contenevano chiaramente acacia, davvero bella quell’anno, e ciliegio, rosato e profumato. Ero contento di presentare un millefiori davvero raro. Ebbene, mi hanno cassato sostenendo che avevo dichiarato il falso: quel millefiori era invero acacia, secondo i giudici; strabiliavo: la mia acacia, presentata contestualmente, era molto più chiara: quell’anno era al livello di quella dello scorso anno, e ve la ricordate, praticamente bianca. Non ci fu nulla da fare: avvenne uno scambio di lettere, fra me ed il presidente della giuria, nelle quali sostenevo le mie ragioni, oltrechè il concetto che, di solito, per imbrogliare si fa l’opposto, si presenta, cioè, un millefiori chiaro per acacia. Nulla: mi presi anche dell’incompetente, non andai a ritirare i premi ottenuti per gli altri campioni e smisi di andare a quel concorso, anzi, a qualsiasi tipo di concorso.
Da qualche parte mia moglie ancora conserva i diplomi, e un anno anche La Stampa, inteso come giornale, parlò di noi: o vanitas vanitatum!
Ma le api se ne fregano di queste cose, e ora sono totalmente dalla loro parte.

Le nostre han lavorato egregiamente, nonostante tutto: hanno prodotto, in totale, molto più miele dello scorso anno, anche relativamente al numero di alveari, e loro stesse, almeno fino ad ora, si sono moltiplicate in modo davvero soddisfacente. Sono animali generosi, lo dico sempre.
E le sicule? I telaini di covata delle sicule sono serviti a comporre nuovi nuclei, con regina piemontese, e ora ne restano, delle originali, solo due, che, spero, scompariranno entro breve: la prossima settimana, con calma, farò gli ultimi nuclei della stagione, utilizzando, appunto, le ultime sicule; poi, nel giro di un paio di mesi, le nere fanciulle moriranno di morte naturale lasciando il posto alle nuove. Tuttavia le palermitane hanno lasciato il segno, e non solo su di me: probabilmente fuchi siculi, figli delle nere regine, (miiii….), sono riusciti ad affascinare le piemontesine belle e si notano alcuni alveari più abbronzati di altri…
Nessun rimpianto: l’esperienza è stata densa, da ogni punto di vista, e istruttiva, e se mai mi troverò davanti un alveare un po’ troppo nervoso, sarà una passeggiata, al confronto delle sicule guerriere.

Ora è il tempo della sistemazione delle famiglie per l’autunno, adesso si andrà a togliere, fra poco, gli ultimi melari, a visitarle ben bene a una a una, guardando scorte, covata, salute; si pareggerà, si faranno gli ultimi nuclei, come detto, si faranno i trattamenti estivi e si lasceranno riposare le famiglie in modo che ricostituiscano scorte e covata per l’inverno; andranno seguite passo passo: sarebbe un errore lasciarle a se stesse proprio ora, anche se viene la tentazione di rilassarsi e di lasciar fare, perché ora insorgeranno, se devono, le malattie che la furia riproduttiva di giugno e luglio ha tenuto lontano; la varroa trova ora il terreno migliore: meno api, chè in questa stagione di molto si riducono le famiglie, più acari per ape. Che pizza!

Ci risentiamo per la distribuzione del biondo nettare.
Buona estate a tutti quanti.
Adriano.

martedì 5 giugno 2012


Adotta un alveare: bollettino n. 9.
21 maggio 2012.

Eccoci qui, buongiorno.
Scrivo, quindi piove; oppure: piove, quindi scrivo.
Che vi devo dire: ho il camino acceso, fuori piove, sia io che le api abbiamo approfittato di una schiarita per uscire: loro a depurarsi, a bere e prendere acqua per nutrire la covata, frenetiche e convulse, chè sapevano sarebbe durato poco; io, che speravo in una schiarita definitiva, ho messo mano all’orto, ancorché fracico: mi sono inzuppato.
L’acacia è infine fiorita, e ci sta piovendo sopra, senza prendere in considerazione il freddo che fa. Azzardo una previsione: quest’anno faremo un bel millefiori, di quelli che si facevano una volta, quando non si stava lì tanto a disquisire; il miele è quello che risulta dall’annata, un po’ come il vino, spesso diverso, con annate buone e altre meno buone.
Ricordate lo scorso anno? Avevamo fatto cinque tipi di miele: dal più chiaro, l’acacia, che in queste foto sembra acqua, a quello nero, la melata di quercia; guardate un po’…

   

Beh, quest’anno non credo proprio che sarà così. Ogni annata porta, in diverse situazioni, diversi risultati, e, visto che le nostre api sono stanziali, ci tocca fare con quel che abbiamo attorno; e, per quanto mi riguarda, va bene così.

Staremo a vedere. La situazione, ora, è che, a famiglie in parte pronte, ho sovrapposto il melario e loro, povere, han ben cominciato a importare nettare, ed i primi due giorni andavano e venivano dalle piante di robinia ch’era un piacere, anche se solo nelle ore calde, cioè a dire dalle dieci-undici alle tre. Poi, ancora, freddo e pioggia, mannaggia.
Quest’anno nessuno ha fatto la danza del sole?

Aggiungo un po’ di legna nel camino e vi saluto.
Adriano.


martedì 1 maggio 2012

Adotta un alverare - Bollettini Aprile 2012


17 aprile 2012.

     Eccoci qui, buongiorno.
     Freddo, acqua, neve, anche, vento, ma soprattutto niente calore e il tutto alternato a sprazzi di sereno, belli ma con temperature basse: ciò dura da troppo, ormai, ma pare non ci sia speranza di cambiamento ancora per una settimana o giù di lì.
     Noi s’accende il camino, e anche la stufa, a dirla tutta: le api si stringono, volano quel che possono, smettono di fare covata, perché poi toccherebbe scaldarla, e la famiglia si ferma.
     Stan tutte bene, certamente, se qualcuno trepidasse per la salute delle nostre amiche, ma son ferme.   Hanno avuto una botta di vita con il ciliegio, una quindicina di giorni fa, e questo ci ha aiutato molto: scorte, covata e pulizia erano le frenetiche occupazioni di quei giorni; ora s’aspetta che passi ‘a nuttata.
     Quelli che soffrono di più, ahiloro, sono i nuclei, in quanto piccoli, rispetto alle famiglie, e, si sa, le api più son forti più stanno bene, calde e nulla temono: li stiamo nutrendo con tisane e tenendo nel pulito con oli essenziali.    Se non fosse che lavorano un sacco, ogni tanto mi piacerebbe essere un’ape…   che poi questo luogo comune non è poi così vero: le api sembrano sempre affacendatissime perché sono molte, e hanno un modo di muoversi nel mondo così diverso dal nostro, tuttavia si riposano, eccome; specie la regina sembra che si prenda alcune ore di fannullaggine, di solito all’ora del the, e che se ne vada a giro per il suo dominio, così, a visitare, e certamente a riaffermare, con la presenza (ed il ferormone), la sua autorità.   Poi c’è il continuo sospendere l’attività dovuto alla trofallassi, parolone che sta a significare il modo in cui le api si passano il nutrimento l’un l’altra: passandosi il nettare di bocca in bocca lo arricchiscono, per il nostro bene, di enzimi preziosi, ma nel frattempo si prendono una pausa-caffè, per dirla in termini umani, e se la prendono parecchie volte al giorno.
     Per non parlare poi dei periodi in cui c’è fioritura di essenze inebrianti, o rilassanti, o anche allucinogene: le nostre si comportano come una compagnia di hippies in vacanza; il tiglio, per dirne una, le rende svagate, barcollanti, sognatrici e certamente fa fare loro bei sogni ad occhi aperti.
     In questi momenti sono sullo stile ‘carpe diem’, e le puoi vedere assolutamente disponibili ad incontri ravvicinati: si fan prendere in mano, volan pesante e camminano volentieri, aspettano di smaltire per ripartire verso casa a lasciare il bottino e tornare a farsi un’altra bevuta.
     Di solito pensiamo che solo l’uomo abbia comportamenti di questo tipo, ma anche gli animali non scherzano…

     Settimana prossima, a dio piacendo, sistemeremo le famiglie nei nuovi alveari, che infine sono stati pittati di un elegante color mogano, mordentato con legno a vista.   Le casette piccoline, invece, che sono una ventina, quelle usate cioè per il tempo intermedio dei trasferimenti e dell’allevamento, e che serviranno ad invernare i prossimi nuclei, sono state colorate, con gli acrilici regalatici da Laura, di bei disegni di fantasia, che avevo intenzione di fotografare e mettere nel bollettino, ma aspetto che siano illuminati dal sole per farlo.

     Oggi niente ricetta: solo un abbraccio e ci sentiamo appena svolta il tempo.   Adriano.






23 aprile 2012.

Buongiorno, pare che, se dio vuole, siamo fuori dal freddo, o, almeno, ci sono momenti di calore.
     Le nostre che fanno?   Si scatenano, appena occhieggia il sole, a girovagare, pulire, bottinare, e la regina giù a deporre, finalmente: stamani ho girato tutte le casette dei nuclei e, sorpresa!, tutte avevano uova e covata di un paio di giorni, al massimo.    Non potete immaginare il sospiro di sollievo che si tira, e il senso di pace con il mondo, e di gratitudine: qualcosa va come dovrebbe…

     Se non avete mai visto un uovo d’ape ve lo mostro:




nella fila alta, quelle barrettine che vedete sono uova, e hanno almeno tre giorni, altrimenti sarebbero in piedi; la seconda fila, sempre dall’alto, rivela larve, come piccole brioches, che nella terza e nella quarta fila si mostrano vieppiù grosse; si svilupperanno in pupe, e saranno opercolate, cioè con le cellette chiuse, a finire lo sviluppo.
     Finchè, 21 giorni dopo la deposizione, uscirà l’apina, rosicchiando l’opercolo e affacciandosi al mondo con le antennine, aiutata e sorretta, oltrechè subito nutrita, dalle zie.
     Uscita l’apina, le pulitrici netteranno la celletta dalle scorie –qualcosa resta sempre…-, pronta per ricevere un altro uovo dalla regina, e così via.

     Carino, no?   Peccato che, ai danni delle nostre immacolate ragazze, ancorché in fasce, vi sia presente la varroa destructor, e non pensiate che siano ragazzate, guardate qua:




     Quell’affare terribile che vedete sulla schiena della pupa è un acaro di varroa, che sta vampirizzando la nostra, le succhia, cioè, l’emolinfa, che sarebbe il corrispettivo apistico del nostro sangue.   Brutto, eh?
    Questa bestiaccia, e ce ne sono tante, purtroppo, nell’alveare, indebolisce le api, che saranno così più soggette a malattie, o nasceranno deformi, o in minor numero, e via dicendo.   Per questo si fanno tutte quelle operazioni che via via vi ho descritto, per ridurre, se non annullare il numero delle schifose.
     Che poi avranno anche loro uno scopo, nell’economia del creato, ma ancora non s’è scoperto quale.

     Però sembra che abbiamo lavorato bene, l’anno scorso, tant’è che non abbiamo avuto morie, e tocchiamo tutto quello che si deve: legno, ferro, eccetera, e speriamo che prosegua così, ma sui fondi se ne trovano, ogni giorno, ed è una cosa con la quale tocca convivere.   Pare che convivere con i parassiti sia la tendenza di questo secolo, e trovare i modi di sopravvivere…

     Ora un saluto, e facciamo la danza del sole, per favore, o almeno del calore.   Senza esagerare, ovvio.
     Adriano.

martedì 3 aprile 2012

Adotta un alveare - Bollettino 25/3/2012

25 marzo 2012.


     Buongiorno.
     Quest’oggi ho sostanzialmente terminato la prima sistemazione primaverile, iniziata qualche giorno fa.  
    Alveari: sostituiti quelli con troppa propoli con casette pulite, raschiate e sterilizzate a fuoco; così facendo, a turno, un po’ di casette ogni anno, l’apiario resta, dal punto di vista delle abitazioni, sempre ben agibile.
     Inizio della lotta alla varroa: ho sistemato i telaini trappola (ricordate? Per chi fosse interessato all’argomento ci sono i resoconti dello scorso anno, con dettagliate descrizioni), così prendiamo due piccioni con la proverbiale fava, le varroe depongono nelle larve di fuco, che verranno, in seguito, asportate, e le api sono stimolate a lavorare, cosa che fa loro bene e le fa produrre cera, che le stimola a ingrandire la famiglia e così via.
     Sostituzione telaini: è il periodo in cui si inizia a ringiovanire i telaini; si tolgono quelli troppo vecchi o che durante l’inverno abbiano preso muffette o che siano stati comunque rovinati.   Si danno alle api, in cambio, telaini con solo il foglio cereo, così sono invitate a costruire e vedi sopra.
     Pareggiamento: ho indebolito le famiglie forti e rafforzato le deboli, scambiando telaini di covata con altri vuoti; tuttavia devo dire che quest’anno c’è una strana democrazia, in apiario: non ci sono vistose differenze, come di solito accade, fra famiglie in superproduzione e famiglie poverelle: a parte un paio di casi, e ci mancherebbe…, tutti quanti sono sullo stesso livello, e cioè dai quattro ai cinque telaini di covata.   Restasse così sempre, si farebbe del gran lavoro in meno e della gran produzione in più, ma non ci conto troppo: le api son delle grandi burlone, e vogliono sempre far credere che siamo in grado di controllarle e di far loro fare quel che si vuole.   Poi, un bel giorno, son loro che ridono…

     Insomma, per ora tutto bene: solo una famiglia è andata persa, probabilmente perché è mancata la regina durante l’inverno, vai a sapere, e ho dovuto dividere le api superstiti, che non erano poche, fra le famiglie più deboli, così non sono andate perse e si sono rivelate utili: un telaino di api in più in una famiglia adesso è prezioso, mentre a giugno ha importanza pressoché nulla.

     Oggi sono tecnico, mi pare, e poco poeta, così mi faccio perdonare con:

CAVOLO ROSSO AL MIELE.

    Ingr.:
    un cavolo rosso di c.a. mezzo chilo; 60 grammi di burro salato; una cipolla affettata fine; un etto di uvetta passa; due cucchiai di miele, o più, secondo il gusto; un cucchiaio di aceto balsamico; un cucchiaino di semi di cumino.

     Tagliare il cavolo a fette dello spessore di un centimetro, circa; fare sciogliere il burro in una casseruola e rosolarvi la cipolla; aggiungere, a cipolla dorata, l’uva passa; farla girare un po’, poi aggiungere il miele, il cavolo affettato, l’aceto balsamico e i semi di cumino che nel frattempo saranno stati tostati.
     Abbassare la fiamma al minimo e far stufare il tutto per un quarto d’ora, rimestando ogni tanto: appena il cavolo intenerisce, spegnere e servire ben caldo.

Alla prossima, 
Adriano.