mercoledì 19 ottobre 2011

Adotta un Alveare: Bollettino del 19 ottobre 2011

Buongiorno.
Pare che, alfine, l’autunno si sia deciso a recitare la parte che gli spetta; anzi, come a recuperare terreno, sembra che, nei prossimi giorni, abbia intenzione di esagerare all’opposto.
Staremo a vedere.
Ho finalmente aperto le casette, anche se, devo dire, non ho ficcanasato accuratamente fra tutti i telaini di tutti gli alveari: ho fatto un po’ ispezioni qui e là, dove mi sembrava il caso.
Bisogna dire che, apparentemente, tutto sta procedendo bene: tutte le famiglie sono ben popolate, la casetta più scarsa ha api che coprono cinque-sei telaini, monitorati di mattino prima che le nostre approfittassero del tepore del sole per uscire, e sono solo un paio, in queste condizioni, e più precisamente sono fra quei nuclei di bionde che ho preparato a luglio e che ad un certo punto, evidentemente, non sono riuscite ad ingrossarsi più di tanto.
Le restanti famiglie sono più forti: mediamente coprono sette o otto telaini ed alcune tutti e nove; hanno tutti scorte sufficienti e non ci sono segni o odori di malattie, patologie virali o storie del genere, anzi, sono belle profumate e pulite.   Le api malate cambiano odore, lo sapevate?
Insomma, sembra che, per il momento, meglio non potrebbe andare.
Il punto è, allora, la cosiddetta rimonta: le api, lo sapete già, vivono circa quaranta giorni; questo sta a significare che, se non c’è covata a sufficienza, man mano che le presenti muoiono di morte naturale, devono essere rimpiazzate dalle cosiddette invernali, quelle cioè che, nascendo in questa stagione, vivono più del periodo a loro assegnato proprio perché devono passare l’inverno e, del resto, anche per il fatto che, non lavorando, si “consumano” meno.
Tuttavia –c’è sempre un tuttavia, con le api- ormai esiste, nemico endemico con cui tocca misurarsi, la varroa, che, essendo la covata in questo periodo ridotta per cause naturali, infierisce più del solito sulle api adulte, indebolendole e riducendone la vitalità.
Ne consegue che, malattie a parte, che le nostre sembrano non presentare, il pericolo sta nella riduzione di volume, cioè di numero, della famiglia: sotto un certo volume la famiglia collassa, cioè non è più in grado di assicurare un corretto movimento interno-esterno del glomere, cosa che permette il nutrimento a tutte le api e la necessaria temperatura minima per regina e covata.
Ma forse non vi ho detto cosa è un glomere, e che danza fanno per tutto l’inverno. Non mi ricordo, quindi dico.
All’arrivo del freddo (le api quando fuori ci sono meno di otto gradi non escono, neanche per fare la cacca) la famiglia si dispone in glomere, cioè si posiziona, di solito al centro dell’alveare, in una massa di forma ovoidale su di un numero di telaini proporzionato al numero delle api presenti.
Insomma, fanno una specie di palla da rugby composta da loro stesse e, anche se le temperature vanno sotto zero, anche di parecchio, non importa: la “buccia” della palla, cioè le api esterne andranno all’interno a scaldarsi e verranno sostituite da altre in un incessante e lento movimento interno-esterno che dura per tutto il tempo del freddo.   Nei momenti meno freddi il glomere si allenta e alcune api andranno a prelevare il miele messo nelle scorte dei telaini attorno, lo porteranno all’interno della palla e se lo passeranno da brave amiche nutrendosene un poco ciascuna e producendo così il calore sufficiente alla sopravvivenza.
Pensate che, qualunque sia la temperatura esterna, al centro del glomere la temperatura non scende mai sotto i ventotto-trenta gradi.
Tornando alla nostra situazione, quindi, il punto sta, come dicevo, sulla quantità di varroa presente nelle singole famiglie: dato per scontato che la varroa c’è, il punto sta nella quantità.
Cosa abbiamo fatto per scongiurare questo flagello?   Lo sapete: in primavera abbiamo usato i telaini-trappola (andate, se interessa, a rivedervi i bollettini di allora), poi abbiamo dato una somministrazione di oli essenziali prima di mettere i melari, una di acido ossalico in agosto, un’altra di oli essenziali a fine agosto e finalmente, adesso in novembre, in una giornata calda e soleggiata, daremo un’ultima dose di ossalico.
Se le regine si dimostreranno sufficientemente produttive e ‘regali’, dovremmo, dato come stiamo partendo, uscire dall’inverno con onore.
Ma, ormai lo sapete, non si può davvero mai dire.
A dicembre, sempre in una giornata calda e soleggiata, faremo un’ultima visita per controllare il volume delle famiglie e poi, fino a febbraio o anche marzo, quel che ci sarà da fare sarà di portare un poco di nutrimento ogni tanto, e di sperare.   Poi si ricomincia.
Magari parleremo dell’inverno una delle prossime volte.
Per ora vi saluto: si voleva organizzare, qui da noi, un pomeriggio di fine novembre a fare candele ad immersione, con la cera delle api, naturalmente, e di favole con i bimbi: vi farò sapere a giorni data e modalità.   Avete mai fatto le candele? Tutti insieme? E’ una bella storia.
Adriano. 

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