mercoledì 25 maggio 2011

Adotta un alveare - Bollettino del 24 maggio 2011.

Buongiorno.
Oggi siamo attorno ai trenta gradi. All’ombra.
Dico: immaginate di essere in venti-trentamila in un cubo di legno alto e largo e lungo, facendo le proporzioni, una cinquantina di metri o poco più, peraltro intasato da immense pareti fatte di cellette  piene di nascituri, miele, polline, dove non è previsto che resti vuoto neppure uno spazio; fuori ci sono trenta gradi all’ombra, e dentro? Con tutta quella cera non si scherza: si potrebbe sciogliere da un momento all’altro e addio…
Che fate? 
Non so voi ma io me ne andrei al volo!
Eppure le nostre, brune o bionde che siano, eroicamente difendono la casa e la covata e le scorte e se stesse: si mettono tutte orientate in un’unica direzione, una dietro l’altra, fianco a fianco, si ancorano con le zampette al pavimento o alle pareti o dove capita e frullano le ali all’impazzata; il risultato è una continua corrente d’aria fresca e asciutta che entra e che fa uscire aria calda e umida.
Poi, la sera, come brave operaie, prendono il fresco fuori casa, a guardar le lucciole, che cominciano a girare, e le stelle, che in queste notti calde e limpide par d’essere ai tropici; si mettono fuori, “fan la barba”, si dice, stanno cioè tutte appese le une alle altre, e lentamente si muovono, si spostano, facendo sentire un sommesso brusìo continuo, come di un chiacchiericcio.
E par proprio che la giornata sia finita, quando si commenta e si parlotta di quel che è successo e di quel che succederà domani, e poi tutte a nanna, ragazze, che domani c’è da cercare nuovo nettare: l’acacia è finita.
E aprendo in questi giorni, che il grande flusso stava finendo, si potevan vedere chiaramente le danze di comunicazione delle esploratrici, che portavano nell’alveare le notizie, e le altre che le stavano ad ascoltare, e poi una prendeva a danzare come aveva visto, a diffondere la notizia, e insomma, se si pensa che così comunicano, c’era davvero un gran daffare fra lavorare e ascoltare e parlare e chiedere e poi le nuove che continuano a nascere e quel polline da spostare e voi andate al piano di sopra con quel nettare e si può aumentare la ventilazione, santiddio?, si muore dal caldo…
Ora abbiamo dunque l’acacia nei melari, e anche nei nidi, del resto: non tutta è stata portata su, alcune famiglie han preferito tenerne un po’ vicino alla covata, e andranno ben sistemate prima dell’agosto.
Quanta ne abbiamo? Allora ecco la situazione: dei dieci originari abbiamo otto famiglie e quattro nuclei, oltre all’undicesimo che sta per essere promosso famiglia.
L’1, l’8, il 9 ed il dieci hanno in melario (con il 9 campione assoluto), a occhio, una sessantina di chili, forse qualcosa di più; il 2, il 3, il 4 hanno una decina di chili a testa che fa un totale di un centinaio di chili; il 5, al solito, gioca a fare il fanalino di coda con i suoi quattro-cinque chili, scarsi.
Ora che si fa? Si aspetta che sia ben asciutto, cioè a dire opercolato: ogni celletta ben chiusa con la cera come fosse una botticina. 
Se sabato mattina, aprendo i melari, vedrò che l’opercolatura è a buon punto, metterò gli apiscampo, che sono aggeggi che servono a far scendere le api ma non a farle risalire nel melario, fra nido e, appunto, melario, e verso lunedì si potrà togliere le cassette e spillare il miele.
Insomma, la settimana prossima potrò dirvi di venire ad assaggiare il vostro miele, anche se dovrà poi riposare un po’, prima di essere imbarattolato. Ma di questo abbiamo già parlato.

Purtroppo, però, non piove, e questo significa che, se non cambia il tempo, ci giochiamo il castagno e i fiori dei rovi e il tiglio; soprattutto il castagno, che, al di là del miele, serve anche a dare impulso alle famiglie per riprendersi e reingrossarsi, dopo il calo della cessazione dell’acacia.
Adesso come adesso non c’è in giro nulla, e in valle han falciato la medica, mannaggia!
Però per ora è andata bene, direi, e quindi speriamo continui così.
Fate la Danza della Pioggia, magari di notte pioggia e di giorno sole, già che ci siamo: quando si chiede, tanto vale chiedere bene.
Un saluto.
Adriano.

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